SICUREZZA: SENTENZA DELLA CASSAZIONE SU RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI IN CASO DI INFORTUNIO
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- On Luglio 3, 2023
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La quarta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 22683 del 25 maggio 2023 ha affermato che nel caso di lesioni personali colpose ai danni di lavoratori infortunati non si può escludere la responsabilità dell’Ente in considerazione di esiguo vantaggio o scarsa consistenza dell’interesse perseguito.
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I fatti
Il legale rappresentante di una S.p.a. lo scorso 10/7/2020 è stato condannato dal Tribunale di Gorizia a due mesi di reclusione perché riconosciuto colpevole del reato di lesioni personali colpose nei confronti di un dipendente della Società.
Il dipendente svolgeva le mansioni di montatore meccanico ed aveva riportato un trauma da schiacciamento al pollice della mano sinistra con frattura composta guarita in 60 giorni.
Il Tribunale ha accertato la violazione dell’art. 28 co. 2 lett. b D.lvo. N° 81/2008, in quanto il datore di lavoro non ha valutato il rischio specifico, né previsto specifiche procedure o altri sistemi di prevenzione e protezione relativamente alla fase specifica della lavorazione denominata “calettamento”, svolta dal montatore, nonché in generale dall’art. 2087 cod. civ., non essendo state adottate le misure necessarie alla tutela dell’integrità fisica del lavoratore.
Con la stessa sentenza alla Società è stata irrogata anche la sanzione di 50 quote da euro 300 ciascuna ed il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per due mesi in quanto responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies co. 3 D.lgs 231/2001, in relazione all’articolo 590 co. 3 cod. pen. per avere cagionato il reato, risultando evidente il vantaggio dell’ente in relazione all’illecito commesso dal suo amministratore unico, determinato dalla scarsa cura dei luoghi di lavoro che comportava un evidente risparmio di tempo e di denaro.
La sentenza di Appello
La Corte di Appello di Trieste con sentenza del 2/2/2022, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti della S.p.a. Ed ha revocato la sanzione del divieto di contrattare con la PA, disposta a carico dell’ente, confermando la sola sanzione di 500 quote da 300 euro ciascuna.
Il ricorso e la sentenza della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Relativamente alla malattia della persona offesa, scrive la Suprema Corte, la sentenza impugnata opera un buon governo della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui in tema di lesioni personali, costituisce “malattia” qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, ancorché localizzata, di lieve entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di malattia perdura fino a quando sia in atto il suddetto pro cesso di alterazione (così Sez. 5, n. 43763 del 29/09/2010, Adamo, Rv. 248778).
Il concetto clinico di malattia richiede il concorso del requisito essenziale di una riduzione apprezzabile di funzionalità, a cui può anche non corrispondere una lesione anatomica, e di quello di un fatto morboso in evoluzione a breve o lunga scadenza, verso un esito che potrà essere la guarigione perfetta, l’adattamento a nuove condizioni di vita oppure la morte (cfr. Sez. Un., n. 9163/2005, Rv. 230317, la quale richiama, fra l’altro, Sez. 5, n. 714/1999 e Sez. 4, n. 10643/1996).
La posizione di garanzia del legale rappresentante è provata dalla documentazione in atti con la certificazione e l’attestazione di avvenuta estinzione delle sanzioni amministrative, dai quali si evince che in relazione all’infortunio occorso al dipendente il legale rappresentante dello stabilimento è stato ammesso al pagamento della sanzione pecuniaria di euro 1006,71 in relazione alla contravvenzione di cui al decreto legislativo n. 81/2008 pagamento effettuato dall’imputato in data 6/9/2016 (cfr. foglio 242), senza contestare la qualifica di cui sopra.
La Corte di legittimità inoltre ha sottolineato come la Corte territoriale avesse confutato le tesi portate in quella sede dalla Difesa dell’ente, applicando correttamente il principio secondo cui, in tema di responsabilità degli enti in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, art. 8, co. 1, lett. b), il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato (Sez. 4, n. 22468 del 18/04/2018, Eurocos s.n.c., Rv. 273399; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla, Rv. 255369).
Ora, come ricordano i giudici di appello, la dinamica dell’incidente è pacifica: la procedura di calettamento veniva effettuata dalla persona offesa senza l’ausilio di colleghi o di strumentazione necessaria a trattenere la campana; e non avendo ricevuto alcuna specifica formazione in relazione all’operazione da effettuare con motore in verticale, una volta recisa la fascetta di alloggiamento, in mancanza di procedure preventive di tipo organizzativo, si era verificato l’infortunio da schiacciamento della mano.
L’infortunio del lavoratore, pertanto, secondo la logica ricostruzione dei giudici di merito, è stato causato da una prassi lavorativa attuata in violazione delle prescrizioni delle linee guida in tema di calettamento del mozzo maina dei motori in verticale che prevedono che, se il peso della campana dentata superi otto chili, l’operazione dovrà essere svolta da due operatori. Per i giudici di appello è certo quindi che l’ente abbia realizzato un proprio interesse o comunque abbia conseguito un vantaggio.
La giurisprudenza della Corte sancisce infatti che in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l’interesse dell’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività (il richiamo è a Sez. 4, n. 24697 del 20/4/2016, Mazzotti ed altro, Rv. 268066; conf. Sez. 4, n. 2544 del 17/12/2015, dep.2016, Gastoldi, Rv. 268065).
In applicazione di tali principi, deve perciò ritenersi pienamente provato il vantaggio di spesa per l’ente, nel senso di mancato decremento patrimoniale per l’utilizzo per le operazioni di calettamento in verticale di un solo lavoratore anziché di una coppia di lavoratori.
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