LAVORO: CONTROLLI A DISTANZA. LE INDICAZIONI DELL’INL
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- On Aprile 20, 2023
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La nota n. 2572 del 14 aprile 2023 emanata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) fornisce al personale ispettivo indicazioni sul rilascio dei provvedimenti autorizzativi all’installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo dei lavoratori– ai sensi dell’art. 4 della legge n. 300/1970 – in relazione all’evoluzione tecnologica dei sistemi adottati e tenendo conto degli orientamenti del Garante per il trattamento dei dati personali.
Cosa dice in premessa la circolare
La disciplina in materia di trattamento dei dati personali ed i suoi principi generali (liceità, finalità, pertinenza e non eccedenza, proporzionalità, necessità, indispensabilità) assolvono ad una funzione contenitiva di eventuali abusi datoriali e potenziali lesioni di “beni personali”, contribuiscono ad adeguare le previsioni dell’art. 4 della legge allo sviluppo della tecnologia e al rispetto della riservatezza dei prestatori di lavoro ponendosi quale corollari dei valori di dignità e libertà presidiati dallo stesso.
Cosa dice l’articolo 4 della Legge n. 300/1970
L’articolo relativo a “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo” prevede che:
“Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. ((In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi.”
In merito, la circolare in commento ha precisato che occorre considerare che il rispetto delle garanzie di cui all’art. 4 costituisce condizione di liceità del trattamento (artt. 5, 6, 88 del Regolamento generale sulla protezione dei dati UE 2016/676 e art. 114 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196).
A chi si applica l’art. 4
La procedura imposta dall’art. 4, co. 1, della L. n. 300/1970 segna il confine tra l’esercizio del potere datoriale di controllo a distanza delle attività dei lavoratori e la tutela della dignità personale e della libertà dei lavoratori stessi.
La disciplina in commento si applica ai datori di lavoro, imprenditori e non, titolari di un rapporto di lavoro di tipo subordinato, ed ai lavoratori che prestano la propria attività soggetti al potere direttivo e conformativo del datore di lavoro ed alle sue prerogative organizzative e di controllo.
Insufficienza del consenso dei lavoratori
Come visto nell’art. 4 l’accordo con le rappresentanze aziendali costituisce il primo requisito per l’installazione di impianti audiovisivi e degli altri strumenti di controllo, tuttavia, il legislatore ha previsto un’ulteriore procedura autorizzatoria pubblica, eventuale e successiva al mancato accordo con i sindacati, condizionata, ai fini istruttori, alla dimostrazione dell’assenza della RSA/RSU, ovvero del mancato accordo con esse.
La carenza di codeterminazione (accordo) tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali aziendali o del successivo provvedimento autorizzativo non possono essere supplite dall’eventuale consenso, seppur informato, dei singoli lavoratori, restando in quest’ultimo caso l’installazione illegittima e penalmente sanzionata (Cass. Pen, Sez. III, 08/05/2017 n. 22148; Cass. Pen., Sez. III, 17/12/2019 n. 50919; Cass. Pen., Sez. III, 17/01/2020, n. 1733).
Aziende multi-localizzate
Le imprese con più unità produttive nell’ambito di competenza della stessa sede territoriale dell’INL – in caso di mancato accordo con la RSA/RSU ed in presenza delle medesime ragioni legittimanti, nonché di un unico sistema di controllo – possono presentare una sola istanza di autorizzazione all’ispettorato territorialmente competente, il quale, previa verifica delle condizioni formali e sostanziali previste dalla legge, emanerà un unico provvedimento valido per tutte le unità produttive interessate.
Le imprese con unità produttive ubicate in diverse province, in alternativa alla stipulazione di singoli accordi con le RSA/RSU, possono stipulare un unico accordo con le associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale; l’istanza potrà essere presentata alle singole sedi territoriali dell’INL o, in alternativa, alla sede centrale.
Nel caso in cui un’azienda, già in possesso di un provvedimento autorizzativo, voglia installare lo stesso sistema in una diversa unità produttiva, può presentare istanza di integrazione purché l’impianto da autorizzare presenti i medesimi presupposti legittimanti e le stesse modalità di funzionamento di quello già autorizzato.
Nuove aziende e assunzioni successive all’istallazione
– Nel caso di costituzione di nuova azienda, che al momento della presentazione dell’istanza non ha in forza lavoratori, non potrà presentarsi l’istanza per l’autorizzazione all’installazione dell’impianto, dal momento che condizione necessaria per la presentazione della stessa è l’indicazione del numero di lavoratori in forza al momento dell’avvio dell’attività.
– Se l’azienda è già in esercizio, con impianto legittimamente installato e perfettamente funzionante, ma in assenza di lavoratori, potrà presentare istanza in un momento successivo producendo contestualmente l’attestazione che lo stesso impianto sarà disattivato non appena il personale sarà adibito al lavoro e che sarà messo nuovamente in funzione soltanto dopo l’eventuale provvedimento autorizzativo dell’Ispettorato del Lavoro.
Sistemi di geo localizzazione
Il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto con numerosi provvedimenti in materia di geolocalizzazione nell’ambito del rapporto di lavoro.
In termini generali, l’Autorità ha applicato i principi di protezione dei dati, con particolare riferimento a quello di liceità, necessità e proporzionalità dei trattamenti dei dati personali mediante l’utilizzo dei dispositivi tecnologici, prescrivendo misure a tutela dei diritti degli interessati in modo da:
– escludere il monitoraggio continuo;
– consentire la visualizzazione della posizione geografica da parte di soggetti autorizzati solo quando strettamente necessario rispetto alle finalità perseguite;
– consentire la disattivazione del dispositivo durante le pause e al di fuori dell’orario di lavoro;
– effettuare, di regola, i trattamenti mediante pseudonimizzazione dei dati personali (utilizzo di dati non direttamente identificativi);
– prevedere la memorizzazione dei dati raccolti solo se necessario e con tempi di conservazione proporzionati rispetto alle finalità perseguite.
Nel provvedimento n. 370/2011, il Garante ha poi evidenziato che, nel rispetto del principio di necessità, “la posizione del veicolo di regola non dovrebbe essere monitorata continuativamente dal titolare del trattamento, ma solo quando ciò si renda necessario per il perseguimento delle finalità legittimamente perseguite”, e che tale principio deve rispettarsi anche nel caso di trattamento di dati effettuato in esecuzione di obblighi assunti nei confronti della stazione appaltante.
Gli Uffici devono dunque valutare attentamente le ragioni legittimanti l’installazione dei sistemi di geolocalizzazione, verificando che la tipologia dei dati raccolti ed il loro effettivo trattamento siano correlati alle esigenze dichiarate e rispettosi dei principi sopra richiamati.
Sistemi di videosorveglianza
L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori e la procedura di garanzia ivi prevista trova necessaria applicazione in presenza di lavoratori anche nel caso di disposizioni normative che favoriscano o impongano l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza.
La legge n. 55 del 14 giugno 2019, di conversione con modificazioni del DL 18 aprile 2019, n. 32, c.d. “sblocca cantieri” ha introdotto l’art. 5-septies (Sistemi di videosorveglianza a tutela dei minori e degli anziani), con cui sono stati istituiti fondi, del Ministero dell’interno e del Ministero della salute, finalizzati per l’installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso nelle strutture scolastiche, socio sanitarie e socio assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno, e per l’acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per un periodo temporale adeguato.
Ma il citato art. 5-septies non può rappresentare il solo motivo legittimante l’installazione, restando ferme le garanzie sancite dall’art. 4 della legge n. 300/1970 (procedura concertativa o autorizzatoria).
L’art. 88 del T.U.L.P.S. disciplina il rilascio delle licenze per l’esercizio delle scommesseconcesse “esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o di altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione”.
Il presupposto per il rilascio della suddetta autorizzazione è il rispetto dei requisiti indicati nel DM 22 gennaio 2010 del Ministero dell’Economia e Finanze e, in particolare, di quello previsto dall’art. 9 (ambienti dedicati) del citato DM che, al comma 4, stabilisce che “Le sale devono essere dotate di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso”.
Anche in questo caso, in presenza di lavoratori, coesistono le esigenze di tutela degli stessi definite dall’art. 4, le quali impongono il rispetto delle relative procedure prima dell’installazione.
Lavoratori etero organizzati e lavoro su piattaforme digitali
La procedura imposta dall’art. 4, co. 1, della L. n. 300/1970 è estesa anche alle collaborazioni aventi le caratteristiche individuate dalla citata disposizione, come novellata dal D.L. n. 101/2019 conv. da L. n. 128/2019, dunque collaborazioni che si concretizzano in prestazioni prevalentemente personali, continuative ed eseguite secondo modalità etero-organizzate, anche qualora organizzate mediante piattaforme anche digitali).
Inoltre, alle prestazioni lavorative sviluppate tramite piattaforme digitali si applica la disciplina antidiscriminatoria e quella a tutela della libertà e dignità del lavoratore previste per i lavoratori subordinati.
Volontari
Al di fuori delle tipologie di lavoro sopra citate deve ritenersi fermo il divieto di interpretazione analogica della disciplina penale ricollegata alla previsione dell’art. 4 cit., con evidenza per tutte le realtà associative che si avvalgano di volontari di cui al d.lgs. n. 117/2017.
In base all’art. 17, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 117/2017 (Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106), il volontario è un soggetto che “…per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità… in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario”. Al comma 5 del medesimo art. 17, è stabilito espressamente che “La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria”.
Par tali ragioni, ed anche in considerazione della incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito, si ritiene che alle prestazioni dei volontari non possano applicarsi le medesime tutele accordate dall’art. 4 della legge n. 300/1970.
LA CIRCOLARE DELL’INL
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