CASSAZIONE: NEI TURNI DI 24 H IL RIPOSO NOTTURNO VA QUALIFICATO COME ORARIO DI LAVORO A PRESCINDERE DALLE PRESTAZIONI EFFETTUATE
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- On Dicembre 13, 2023
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La Suprema Corte, con la sentenza n° 32418 depositata il 22 novembre 2023 richiama la direttiva 2003/88 del Parlamento e del Consiglio europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro.
È stata rigettata in ogni grado di giudizio la richiesta dei vigili del fuoco, addetti ai servizi antincendio e dipendenti di una base USA sul territorio nazionale, di condanna del datore di lavoro alla modifica della turnazione di lavoro ed alla corresponsione delle maggiorazioni previste per il lavoro straordinario per le 8 ore di prestazione notturna svolte per ogni turno di lavoro, con detrazione dell’indennità di pernottamento percepita, previa declaratoria di nullità degli artt. 18 e 54 delle Condizioni di impiego (Normativa per il personale civile non statunitense delle FF. AA. USA in Italia, stipulato con le rappresentanze sindacali ed assimilabile, per quanto qui rileva, a contratto collettivo nazionale di lavoro).
L’Appello
In appello la Corte distrettuale ha esaminato la turnazione prevista ed ha rilevato che ciascun turno di lavoro copriva 24 ore, compreso l’orario dalle 22 alle 6, durante il quale i dipendenti erano tenuti a riposare in stanze da letto situate all’interno della base militare, per poter intervenire in caso di eventuale incendio (venendo in tali infrequenti casi remunerati per prestazione aggiuntiva), escluso il superamento dei limiti massimi di orario nel quadrimestre, riteneva non fondata la rivendicazione degli appellanti, nel senso che tale pernottamento sul luogo di lavoro, remunerato con indennità di pernottamento, dovesse essere considerato orario di lavoro effettivo, e riteneva, al contrario, trattarsi di periodo di riposo intermedio.
Il ricorso in Cassazione
Avverso la suddetta sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione cui ha resistito con controricorso lo Stato estero.
I ricorrenti sostengono la nullità della sentenza impugnata, ex art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. n. 66/2003, in relazione all’interpretazione della nozione di orario di lavoro operata dalla Corte di merito. Quest’ultima ha infatti qualificato il pernottamento presso la base militare in termini di disagio e non di orario di lavoro, anche in relazione ad altri contratti collettivi ed alla giurisprudenza dell’Unione europea in materia.
A sostegno delle proprie ragioni, i ricorrenti richiamano i principi espressi dalla Corte di Giustizia UE (Sentenze Simap – 3 ottobre 2000, causa C- 303/98; Jaeger – 9 settembre 2003, causa C-151/02) alla luce dei quali i periodi di reperibilità, anche senza permanenza sul luogo di lavoro, devono essere qualificati come “orario di lavoro”; soprattutto se il lavoratore è obbligato alla presenza fisica sul luogo indicato dal datore di lavoro, manifestando una sostanziale disponibilità nei confronti di quest’ultimo, al fine di intervenire immediatamente in caso di necessità.
Principi espressi anche nelle recenti decisioni del 9 marzo 2021 (causa C-344/19 – D.J. contro Radiotelevizija Slovenija e causa C-580/19 – R.J. contro Stadt Offenbach am Main), con cui è stato affermato che la reperibilità costituisce orario di lavoro (con le corrispondenti obbligazioni datoriali sul pagamento della retribuzione) nel caso in cui i vincoli imposti al lavoratore in regime di reperibilità comprimano significativamente la facoltà del medesimo lavoratore di gestire liberamente il proprio tempo libero. Evidenziano che, secondo la nozione UE, la definizione di “orario di lavoro” va intesa in opposizione a quella di “riposo”, con reciproca esclusione delle due nozioni.
La sentenza della Cassazione
Osserva il Collegio che dagli atti risulta che la turnazione contestata è stata modificata dal 2012 e che non sono state espresse quantificazioni della somma rivendicata, sicché la domanda e il perimetro della controversia devono ritenersi delimitati all’accertamento del diritto alla corresponsione delle maggiorazioni previste per il lavoro straordinario per le 8 ore di prestazione notturna svolte per ogni turno di lavoro, con detrazione dell’indennità di pernottamento percepita, con condanna generica del datore di lavoro al pagamento delle differenze.
Inoltre sebbene la ricostruzione dei ricorrenti in termini di dicotomia tra orario di lavoro e periodo di riposo, in base alla normativa dell’Unione europea, come interpretata dalla Corte di Giustizia e come attuata nella normativa italiana, sia condivisibile, questa non determina l’accoglimento della domanda, rimanendo il dispositivo conforme a diritto, salva la correzione della motivazione della sentenza gravata ai sensi dell’art. 384, ult. comma, c.p.c.; ciò in quanto – afferma la Corte – il sillogismo dei ricorrenti, secondo cui il turno di reperibilità notturno dovrebbe essere retribuito come lavoro straordinario, è monco, ossia mancante della base normativa per la condanna del datore al pagamento di tale voce retributiva anziché della diversa indennità di pernottamento riconosciuta.
QUI LA SENTENZA COMPLETA
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