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CASSAZIONE: IL LICENZIAMENTO DEL VIGILE DI SANREMO ERA ILLEGITTIMO

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  • On Agosto 2, 2024
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Balzato agli onori della cronaca perché aveva timbrato il badge in deshabillè, ora gli Ermellini confermano la sentenza della Corte d’Appello in suo favore analizzando i rapporti tra processo civile e penale. 

Era stato licenziato dal Comune di Sanremo dove era dipendente come vigile urbano perché, in seguito ad un’operazione della Guardia di Finanza del 2015, era stato accusato di essere un “furbetto del cartellino” dopo essere stato ripreso dalle telecamere mentre timbrava il cartellino in “abiti succinti”.

IL LICENZIAMENTO

L’inchiesta delle Fiamme Gialle soprannominata “Stakanov” aveva coinvolto in tutto 270 dipendenti che avrebbero falsamente attestato la propria presenza in servizio.

Il Comune dopo essere venuto conoscenza della pendenza di un procedimento penale a carico dell’uomo aveva avviato un procedimento disciplinare con cui si contestava la violazione dell’art. 55 quater e dell’art. 55 quinques del d.lgs n. 155/2001, cioè la “falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altra modalità fraudolenta”.

Il vigile urbano era quindi stato licenziato per truffa ai danni dello Stato.

IL RICORSO IN APPELLO

In sede penale, l’uomo è stato assolto in primo grado perché il fatto non sussiste.

Diversamente, in sede civile, il Comune ha proposto ricorso in appello alla sezione lavoro della Corte di Genova che ha annullato il provvedimento disciplinare, disposto la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro e la condannato dell’ente a corrispondere al vigile la retribuzione dal giorno del licenziamento a quello della reintegra come risarcimento del danno. Nonostante questo il Comune ha confermato il licenziamento.

IL RICORSO IN CASSAZIONE

La Suprema Corte con la sentenza 20129/2024 del 22 luglio 2024 ha confermato la pronuncia della Corte d’appello che, sostanzialmente, ritenendo identica la vicenda oggetto di procedimento disciplinare a quella sottoposta alla cognizione del giudice penale, come identici gli elementi istruttori posti alla base della sanzione disciplinare, ha rilevato come l’intervenuta assoluzione in sede penale (per l’insussistenza del fatto) presentasse valenza vincolante nel giudizio civile di impugnazione del licenziamento. 

Gli Ermellini, dopo una lunga analisi dei rapporti tra il processo penale e quello civile, hanno chiarito che l’articolo 653 del codice di procedura penale non comporta un automatismo tra assoluzione in sede penale e insussistenza dell’illecito e quindi del procedimento disciplinare, ma il giudice è chiamato a valorizzare, seppur non in maniera acritica, gli esiti del procedimento penale.

Quindi, la formula assolutoria perché il fatto non costituisce illecito penale o “perché il fatto non sussistenon “vale a elidere la sussistenza in sé delle condotte, le quali, pur se penalmente neutre, ben potrebbero avere invece rilevanza disciplinare”. Ed ancora, Affinché manchi un automatismo tra assoluzione in sede penale e accertamento della responsabilità nel giudizio civile, la sentenza penale deve avere escluso la materialità delle condotte (e non la sola rilevanza penale delle stesse), avendo, in altri termini, un’ampiezza tale da non lasciar residuare elementi fattuali dotati di autonoma rilevanza disciplinare.

Nel caso di specie, per la Cassazione l’esclusione degli elementi costituitivi della fattispecie di reato non lasciava residuare altri elementi fattuali che consentissero di affermare un’autonoma rilevanza disciplinare delle condotte” e quindi “il sopravvenuto giudicato penale copre integralmente tanto i fatti storici che l’elemento soggettivo cui il Comune di Sanremo ha attribuito rilevanza disciplinare.

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