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AVVOCATI: DURANTE LA SOSPENSIONE VIETATA ANCHE L’ATTIVITÀ STRAGIUDIZIALE

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  • On Novembre 5, 2024
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La sentenza del Consiglio Nazionale forense n° 216/24, pubblicata sul sito lo scorso 22 ottobre, riprende una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione e dello stesso CNF.

Respinto il ricorso di un’avvocata che nel periodo di sospensione disciplinare dalla professione aveva sottoscritto ed inviato un atto di diffida per conto dei propri assistiti. Il CNF ricorda infatti che in tale periodo “l’avvocato deve astenersi dal compiere, oltre agli atti strettamente giudiziali, anche tutti quelli da qualificarsi comunque come riservati alla categoria forense, ivi compresi quelli di assistenza legale stragiudiziale ex art. 2 co. 6 L. n. 247/2012 relativa alla Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” (https://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/0/Legge+247-2012+-+Testo+aggiornato+al+5+giugno+2018/c8146804-2291-4c3e-b49f-f1c41a53bec0).

I fatti

Un’avvocata è stata sospesa dall’esercizio della professione per 12 mesi. La sanzione è stata irrogata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Milano dopo la riunione di quattro procedimenti disciplinari avviati nei suoi confronti dal CDD di Milano tra il 2017 e il 2018, a seguito di esposti presentanti da privati e relativi a vicende attinenti all’attività professionale. In particolare, all’avvocata è stata contestata: 

  • la violazione dell’art. 36 comma 1 del Nuovo Codice Deontologico Forense, cd NCDF, in quanto la stessa aveva sottoscritto ed inviato un atto di diffida per conto dei propri assistiti in periodo di sospensione disciplinare;
  • la violazione degli articoli 9, 12 e 26 comma 3 NCDF per aver, nella sua qualità di difensore di Ufficio, omesso di comparire in udienza avanti al Tribunale Penale di Milano senza addurre alcun legittimo impedimento con non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita; 
  • la violazione degli artt. 9, 15 e 70 n. 6, per non aver rispettato il regolamento del CNF sulla formazione professionale non avendo conseguito alcun credito formativo nel triennio 2014-2016 a fronte dei 60 crediti richiesti; 
  • la violazione degli artt. 12 e 33 NCDF per omessa restituzione della documentazione relativa alla posizione di un cliente.

I procedimenti disciplinari sono stati riuniti il 10 luglio 2019 e la citazione a giudizio è stata disposta per il 13 aprile 2021.

Avverso la decisione del CDD di Milano l’avvocata ha presentato ricorso.

Il ricorso

La ricorrente ha chiesto che il Consiglio Nazionale Forense annullasse la delibera del Consiglio Distrettuale e, in via subordinata, ritenendo la sanzione abnorme, che ne venisse comminata una di minore gravità.

Nonostante il ricorso non sia articolato in motivi, il CNF ha isolato i seguenti ordini di censura:

  • 1 Mancata audizione dellincolpata Secondo la difesa dell’incolpata il procedimento non sarebbe stato correttamente istruito in quanto l’incolpata non è stata sentita.
  • 2 Vizio di motivazione Con un primo ordine di censure, la difesa dell’avvocata lamenta che la decisione impugnata non avrebbe tenuto in adeguata considerazione gli argomenti portati a discolpa. La difesa adduce in particolare che: a)la mancata partecipazione alle udienze dinanzi al Tribunale di Milano sarebbe avvenuta nel periodo di sospensione; b) la richiesta di esonero dal conseguimento dei crediti formativi non sarebbe stata presentata per le stesse ragioni che hanno impedito il conseguimento dei crediti medesimi e cioè il periodo di particolare difficoltà che l’incolpata stava attraversando; c) l’invio dell’atto di diffida in periodo di sospensione dell’esercizio della professione è stato fatto in buona fede, nella convinzione che si trattasse di attività stragiudiziale consentita. 
  • 3 Eccessiva onerosità della sanzione Con un secondo ordine di censure, la difesa dell’incolpata lamenta il carattere abnorme della sanzione irrogata in quanto gli illeciti contestati risultano essere sanzionati con la sola censura o con l’avvertimento.

La decisione

Rispetto al primo motivo di ricorso, ossia alla mancata audizione dell’incolpata, risulta che l’avvocata ha prodotto quattro note difensive tra il 3 ottobre 2018 e il 6 aprile 2021, quest’ultima nell’imminenza della data indicata per l’udienza. Inoltre, risulta che all’udienza del 13 aprile 2021, sebbene regolarmente convocata, non si sia presentata né sia comparso il suo difensore, la Corte ha, dunque, proceduto a dichiararne l’assenza. Pertanto, non appare violato il principio del contraddittorio. La giurisprudenza della Cassazione (per tutte, Corte di Cassazione, SS.UU, n. 26991 del 14 settembre 2022) infatti afferma che:

Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati non può essere inflitta alcuna sanzione senza che lincolpato sia stato citato a comparire davanti allorgano disciplinare assume valenza di principio generale, volto a garantire il rispetto del contraddittorio e il diritto di difesa. Tuttavia, la partecipazione alludienza disciplinare costituisce una libera scelta, mentre la mancata partecipazione comporta una lesione del diritto di difesa dellincolpato solo se determinata da un impedimento a comparire incolpevole e inevitabile cioè dalle caratteristiche tali, da non risolversi in una mera difficoltà di presenziare alludienza nella data stabilita. Pertanto, ove lincolpato non compaia, egli non ha titolo per chiedere una nuova audizione salvo che non provi di aver tempestivamente comunicato limpedimento o di esservi stato impossibilitato per un caso di forza maggiore.

Ed ancora, la giurisprudenza di questo Consiglio (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 37 del 29 aprile 2022) ha rilevato che: 

In tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il relativo provvedimento può essere adottato quando il professionista sia stato invitato a comparire e non si sia presentato senza addurre un assoluto impedimento, poiché la Legge non richiede che il professionista sia stato effettivamente sentito, se non altro perché potrebbe volontariamente rifiutare laudizione, ma che lo stesso sia stato posto in condizione di esserlo e non sia stato nellimpossibilità di presentarsi, né impone laudizione a domicilio, essendo analogicamente applicabile lart. 420 ter cod. proc. pen., secondo il quale la prova del legittimo impedimento deve essere fornita dallimputato, mentre il giudice non ha alcun obbligo di disporre accertamenti al fine di completare linsufficiente documentazione prodotta.

Rispetto al secondo motivo – il vizio di motivazione -la mancata partecipazione alle udienze dinanzi al Tribunale di Milano non è avvenuta nel periodo di sospensione, compreso tra il 22 luglio 2016 e il 21 luglio 2017, bensì in un periodo compreso tra il marzo e il giugno del 2018.

Diversamente, per ciò che riguarda la richiesta di esonero dal conseguimento dei crediti formativi non appare in alcun modo scriminante l’asserzione, peraltro priva di alcuna evidenza utile ad effettuare delle valutazioni, che il periodo di difficoltà fosse tale da non consentire neppure di accedere alla prevista possibilità di richiedere l’esonero al Consiglio dell’Ordine. 

Infine, sullo svolgimento di attività in periodo di sospensione, deve farsi riferimento alla giurisprudenza di questo Consiglio costante e univoca. Per tutte si rinvia al dettato di Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 15 del 22 marzo 2022 che ha affermato che

Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante lavvocato che, quandanche in asserita buona fede, svolga attività professionale durante il periodo di sospensione (In senso conforme, tra e altre, Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 44 del 18 marzo 2021, Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 56 del 16 giugno 2020, Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 177 del 19 dicembre 2019).

Il Consiglio ha peraltro rilevato che

È, infatti, del tutto evidente che il professionista destinatario di una misura interdittiva abbia lonere di rendersi edotto rispetto al contenuto della sanzione che al medesimo è stata irrogata e di cosa essa comporti. A ben vedere, peraltro, lasserzione della ricorrente milita in senso opposto a quello desiderato, concedendo lulteriore convinzione che la stessa non abbia ritenuto di voler concedere adeguato peso allattività difensiva che anche la redazione di un atto di diffida comporta. Si ritiene quindi che la decisione adottata dal CDD di Milano non meriti censura alcuna essendo conseguente alle risultanze probatorie acquisite in atti, valutate oculatamente, con chiarezza e coerenza di argomentazioni sul piano logico e su quello giuridico – deontologico.

Quanto all’ultimo motivo di impugnazione – eccessiva onerosità della sanzione – in considerazione di quanto esposto, dalle molteplici condotte contestate dalle quali emerge quantomeno un modo superficiale di affrontare la professione, si ritiene che anche la richiesta di riduzione della sanzione non possa trovare accoglimento.

Il Consiglio Nazionale Forense ha dunque rigettato il ricorso.

LEGGI QUI LA SENTENZA COMPLETA

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