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OMICIDIO COLPOSO: LA CASSAZIONE CONDANNA IL CDA PER LA MORTE DEL LAVORATORE

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  • On Novembre 12, 2024
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Per la Suprema Corte l’accertata responsabilità dei ricorrenti è fondata non solo in ragione della mera posizione rivestita ma in ragione dello specifico riferimento alle gravissime carenze organizzative imputabili ai vertici societari.

La 4° Sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 40682 del 6 novembre 2024 ha rigettato i ricorsi dei componenti del Cda di una società costruttrice e posatrice di lastre in cemento armato, confermando così la responsabilità per l’omicidio colposo di un lavoratore alle dipendenze di una ditta committente la realizzazione e la posa delle dette lastre.

I FATTI

Una ditta appaltatrice di lavori di realizzazione della terza corsia di un’autostrada aveva commissionato la posa di lastre in cemento ad una società costruttrice e posatrice, in forza di contratto di “fornitura e posa”, delle suddette lastre per l’esecuzione di una vasca di raccolta delle acque.

Mentre un lavoratore era intento nell’esecuzione del “getto” di calcestruzzo tra la vasca di contenimento delle acque e le (nove) lastre prefabbricate e precedentemente installate dalla società, è stato travolto da una di esse, improvvisamente rovesciatasi a causa di gravissimi errori nelle fasi di produzione e installazione da parte della società, ed è deceduto.

LA SENTENZA DELLA CORTE DAPPELLO

La Corte d’Appello di Milano con la sentenza del 18/11/2022 in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha confermato la responsabilità del presidente e dei membri del consiglio di amministrazione della Spa costruttrice delle lastre per l’omicidio colposo del lavoratore.

IL RICORSO IN CASSAZIONE

Contro la sentenza gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione fondato sui seguenti motivi:

  • Nell’interesse del presidente del CDA della società costruttrice, con motivo unico, si deduce la violazione di legge perché la Corte territoriale ha confermato la condanna per l’omicidio colposo, omettendo di confrontarsi con gli specifici motivi d’appello, e solo in ragione di una comunicazione effettuata e diretta alla ditta presso cui operava il lavoratore, attestante la comprensione della lingua italiana e la capacità di parlarla da parte dei lavoratori che avrebbero dovuto eseguire il montaggio delle lastre. Secondo la difesa quella in capo al ricorrente sarebbe solo una responsabilità di posizione, in violazione del principio di necessaria personalità della responsabilità penale. Il giudizio si sarebbe fondato sulla mera carica di presidente del consiglio di amministrazione, nonostante l’assenza di deleghe a lui conferite e il conferimento di deleghe ad altri, con riferimento a un’organizzazione aziendale particolarmente complessa in seno alla quale a un altro membro del Cda sarebbe invece spettata la mera rappresentanza legale e l’elaborazione di indirizzi strategici e delle politiche generali societarie.
  • Nell’interesse degli altri due membri del CDA in un caso: si deduce la violazione di legge per aver la Corte territoriale confermato la condanna dell’imputato solo in ragione dei suoi compiti inerenti alla gestione del controllo qualità non rilevante in materia di fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Oltre ai detti limiti della posizione di garanzia in capo all’imputato, per il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare, trattandosi di organizzazione complessa, la rilevanza delle plurime posizioni di garanzia in seno alla società ascritte in rubrica a diversi soggetti, responsabile di stabilimento, responsabile del montaggio delle lastre, addetti al controllo qualità. Non sarebbe stato infine vagliato il fattore eccezionale, quindi idoneo, per la sua imprevedibilità, a interrompere la seriazione causale dell’evento, costituito dalla condotta di un lavoratore dipendente della società che ha modificato le lastre già costruite e collegato al ribaltamento, consistente nell’inserimento di tasselli previa foratura con trapano del prefabbricato, per sopperire all’assenza delle previste e progettate boccole da inglobare in fase di fabbricazione. Nel secondo caso: con i tre motivi nei quali si articola il ricorso, si deducono violazioni sottese alla conferma da parte della Corte territoriale della condanna dell’imputato per l’omicidio colposo, peraltro omettendo di confrontarsi con gli specifici motivi d’appello. Anche in questo caso sarebbe stata riconosciuta una mera responsabilità di posizione. Il giudizio si sarebbe fondato sulla mera carica di membro del consiglio di amministrazione con delega in materia antinfortunistica ma non implicante il controllo delle procedure finalizzate a garantire la produzione e il montaggio dei prodotti conformi al progetto e sicuri per l’incolumità. Peraltro, per il ricorrente, la posizione di garanzia si sarebbe dovuta ritenere sussistente solo con riferimento ai rischi presenti negli ambienti di lavoro e nei confronti dei propri dipendenti, senza potersi estendere alle fasi sia di produzione che di successivo montaggio delle lastre. Il giudice di merito nel riconoscere una posizione di garanzia in capo all’imputato, avrebbe fatto riferimento a principi sanciti dalla Suprema Corte (tra cui Sez. 4, n. 2157 del 23/11/2021, dep. 2022, Baccalini, Rv. 282568) ma con riferimento a fattispecie diversa dalla presente, in quanto caratterizzata da assenza di deleghe conferite dai membri del consiglio di amministrazione ad altri soggetti, nella specie invece sussistenti. Anche in questo caso poi non sarebbe stato vagliato il fattore eccezionale, quindi idoneo, per la sua imprevedibilità, a interrompere la seriazione causale dell’evento.

LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Per la Suprema Corte “I ricorsi, suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle sottese questioni, complessivamente considerati, sono infondati”. Gli ermellini sottolineano che dal giudizio di merito è emersa la responsabilità del vertice societario in ragione dei gravi errori nelle fasi di costruzione e installazione del prefabbricato. I giudici di merito

hanno fatto specifico riferimento a gravissime carenze organizzative imputabili ai vertici societari ciò in ragione dell’accertata assenza di programmazione dell’attività volta tanto alla produzione delle lastre in oggetto in termini di conformità al progetto specificatamente predisposto per la loro creazione, in vista della realizzazione del muro di contenimento della vasca di raccolta delle acque, quanto alla successiva installazione cori tecniche tali da gestire il rischio di ribaltamento. […] Il controllo di qualità era difatti solo astrattamente previsto come bifasico, cioè da svolgersi sia prima che dopo la realizzazione delle lastre, ma preordinatamente omesso”. Nel caso di specie, i certificati dì conformità erano difatti abitualmente predisposti e controfirmati prima della produzione dei manufatti e successivamente apposti sugli stessi in assenza di alcuna effettiva verifica del prodotto, anche in ragione della sistematica violazione delle procedure di controllo, solo formalmente previste

Dunque, la Corte territoriale ha posto a fondamento della decisione le accertate gravi carenze del Piano Operativo di Sicurezza (“POS”), elaborato dalla società per la fornitura e posa in opera delle lastre, rilevando che si tratta di 

carenze sostanzialmente ritenute tali da rendere inidoneo lo stesso POS alla gestione dello specifico rischio di ribaltamento connesso anche alla procedura di montaggio

In definitiva gli errori in fase di fabbricazione sono stati ritenuti concause del ribaltamento determinante il decesso.

LE RAGIONI DELLA CASSAZIONE

Rispetto all’attribuzione di una mera responsabilità di posizione, la Cassazione asserisce che le censure non hanno pregio.

La questione cardine sottoposta dai ricorrenti alla Suprema Corte, scrivono gli ermellini, inerisce la rilevanza sul giudizio di responsabilità in capo ai membri del consiglio di amministrazione, di deleghe, di gestione o di funzioni, nel caso in cui, come accertato dai giudici di merito […] l’evento sia risultato la concretizzazione della totale carenza di effettiva procedimentalizzazione dell’attività produttiva quale politica aziendale volta a subordinare le esigenze della sicurezza rispetto al profitto

La Cassazione sottolinea quindi la distinzione tra delega gestoria, contemplata dal diritto societario all’art. 2381 cod. civ., e delega di funzioni, contemplata dall’art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (di seguito, anche “TUSL”).

Trattasi di deleghe con differenti strutture ontologiche e conseguenti ricadute in termini di contenuto e di residui doveri in capo all’organo delegante, come chiarito da Sez. 4, n. 8476 del 20/10/2022, dep. 2023, Rinaldi, Rv. 284360 – 01, con l’iter logico-giuridico di seguito evidenziato.

La delega di funzioni è lo strumento con il quale il datore di lavoro trasferisce poteri e responsabilità per legge connessi al proprio ruolo ad altro soggetto che diviene garante a titolo derivativo, con conseguente riduzione e mutazione dei doveri facenti capo al soggetto delegante. 

Permane in capo al datore di lavoro delegante l’obbligo di vigilanza sul corretto espletamento delle funzioni trasferite e tale obbligo si intende assolto in caso di adozione e attuazione efficace del modello di verifica e controllo di cui all’art. 30, comma 4, TUSL (art. 16, comma 3, del medesimo Testo Unico). 

Non sono invece delegabili (art. 17 TUSL) alcuni obblighi come la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, la valutazione dei rischi e della redazione del relativo documento, ex plurimis: Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 2017, Rv. 270355 – 01).

Sul piano della responsabilità significa che il soggetto delegante potrà essere chiamato a rispondere degli eventi illeciti in caso di culpa in eligendo o di culpa in vigilandoche abbia avuto un ruolo eziologico rispetto agli accadimenti (si veda in merito, ex plurimis: Sez. U, n. 383423 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261108). 

La delega gestoria, invece, come ricordato dalla citata Sez. 4, n. 8476 del 2023, Rinaldi, attiene alla ripartizione delle attribuzioni e delle responsabilità nelle organizzazioni complesse.

La decisione di ricorrere alla delega dev’essere autorizzata dai soci o deve essere prevista dallo statuto (art. 2381, comma 2, cod. civ.) in modo da:

a) delegare proprie attribuzioni a un comitato esecutivo in tal caso deve determinare il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega;

b) impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega;

Nel caso in specie (presenza di deleghe validamente conferite), proseguendo nell’evidenziato solco interpretativo tracciato dalla Suprema Corte, deve in questa sede aggiungersi quello in cui, pur in presenza di deleghe gestorie ex art. 2381 cod. civ. e di deleghe di funzioni (ex art. 16 D.Lgs. n. 81 del 2008), l’evento, come nella specie, sia risultato la concretizzazione della totale carenza di effettiva procedimentalizzazione dell’attività produttiva quale politica aziendale volta a subordinare le esigenze della sicurezza rispetto al profitto.

In tale fattispecie, difatti, il consiglio di amministrazione, stanti, nel caso di delega gestoria, il dovere di vigilanza sull’andamento della gestione e il potere sostitutivo finalizzato all’esercizio della facoltà d’intervento in funzione sostitutiva, e, nel caso di delega di funzioni, il dovere di vigilanza, è gravato dall’obbligo inerente la gestione del rischio essendo il titolare del fascio di poteri in grado di incidere su esso perché su esso influente tramite l’adottata politica aziendale (in merito si veda, ancorché in fattispecie non perfettamente sovrapponibile, anche Sez. 4, n. 4969 del 2014, Vascellari).

Principio del quale ha fatto corretta applicazione la Corte territoriale, non fondando l’accertata responsabilità degli attuali ricorrenti solo in ragione della mera posizione rivestita ma in ragione dello specifico riferimento alle gravissime carenze organizzative imputabili ai vertici societari.

QUI LA SENTENZA COMPLETA

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