WHISTLEBLOWING: SENTENZA DEL TAR LAZIO IN DIFESA DELL’IDENTITÀ DI CHI SEGNALA
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- On Febbraio 16, 2024
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La pronuncia dello scorso 18 dicembre 2023, in linea con la L. n. 190 del 2012, mira a offrire tutela a chi faccia emergere condotte e fatti illeciti.
Il Tar Lazio, con Sentenza n. 19082 del 18 dicembre 2023, ha rigettato il ricorso proposto da un dipendente pubblico nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza, con cui il lavoratore ha impugnato il provvedimento di “Irricevibilità” dell’istanza di accesso agli atti amministrativi presentata al fine di “accedere” ai documenti amministrativi relativi ad un procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti.
In particolare, il Tribunale Amministrativo ha richiamato l’art. 54-bis del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che prevede un regime di tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro.
Ai sensi della sopracitata norma, infatti, “Nell’ambito del procedimento disciplinare l’identità̀ del segnalante non può̀ essere rivelata, ove la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità̀ del segnalante sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà̀ utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità̀”.
Inoltre, la stessa L. 7 agosto 1990 n. 241 sulle Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, agli artt. 2 e ss., prevede che “La segnalazione è sottratta all’accesso previsto”.
I Fatti
In data 10.2.2023, nei confronti di un dipendente pubblico è statoavviato un procedimento disciplinare sulla base della relazione investigativa demandata a un ufficiale della Guardia di Finanza in servizio presso l’Amministrazione di appartenenza, nonché sulla scorta delle dichiarazioni raccolte presso alcuni colleghi/e di lavoro.
Successivamente, con nota del 23.3.2023 la P.A ha archiviato il suddetto procedimento.
Nonostante ciò, il dipendente ha presentato istanza di accesso, ai sensi della legge n. 241/1990, al fine di conoscere i documenti sui quali il procedimento disciplinare si fondava.
La pubblica amministrazione ha ritenuto l’istanza “irricevibile”, negando il diritto di accesso del dipendente.
Per tale ragione, con ricorso al TAR Lazio, il lavoratore ha richiesto di accertare il proprio diritto ad accedere, mediante visione ed estrazione di copia, agli atti ed ai documenti amministrativi richiesti ed in possesso della Pubblica amministrazione.
Le motivazioni del ricorrente
A parere del ricorrente, trattandosi di procedimento disciplinare basato su alcune dichiarazioni rilasciate dai dipendenti dell’Ente presenti nella relazione investigative, l’accesso agli atti appare imprescindibile al fine di comprendere sulla scorta di quali elementi accusatori è stato dato corso all’iter contestativo e correlativamente, al fine di esercitare il più esaustivo diritto di difesa e di tutela.
Il provvedimento di “irricevibilità” dell’istanza emesso dalla P.A. si fonda sul presupposto che, nel caso di specie, essendo intervenuta l’archiviazione della procedura disciplinare, non vi sarebbe stato alcun pregiudizio alla sfera giuridica del dipendente.
In merito, il ricorrente ritiene che l’archiviazione della procedura disciplinare non precluderebbe “il suo diritto ad una informazione qualificata ad accedere ai documenti amministrativi e conoscere, pur nei limiti precisati dalla legge, ciò che ha fatto scaturire una attività inquisitoria così invasiva che a titolo diretto e/o indiretto comunque lo hanno riguardato”.
Rileva inoltre che, in ragione del procedimento avviato nei suoi confronti, lo stesso non ha potuto partecipare a svariate possibilità lavorative, inviare la domanda per il Concorso Nazionale SNA per Dirigenti, come pure per posizione dirigenziale anche da funzionario presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Pertanto, con il ricorso al Tribunale Amministrativo il dipendente ha rilevato:
-La “Violazione degli art. 21 e ss. della L. n. 241 del 1990 in materia di accesso documentale“.
-La “Violazione dell’art. 5 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 in materia di accesso civico“.
Le motivazioni della P.A.
La P.A. si è costituita eccependo la totale carenza di un interesse difensivo concreto ed attuale in capo al ricorrente.
Ed infatti, l’accesso difensivo è consentito a condizione che la parte dimostri la necessità (o, quando sussistano fatti coperti da segretezza, la stretta indispensabilità̀) della conoscenza del documento amministrativo e del “nesso di strumentalità” tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica “finale”.
A ciò si aggiunga che, a parere dell’amministrazione pubblica,“nessun interesse difensivo potrebbe essere vantato in relazione a tale procedimento”, stante l’intervenuta archiviazione del procedimento disciplinare avviato nei confronti del ricorrente.
Inoltre spiega la P.A.
nessun altro documento è stato posto a fondamento dell’iter di avvio del procedimento disciplinare e della sua successiva archiviazione, oltre alla relazione del -OMISSIS-, con i relativi allegati, già in possesso del ricorrente. Di modo che – non essendo neppure precisato nell’istanza di accesso – non sarebbe chiaro in relazione a quale specifico documento ulteriore il ricorrente formuli la richiesta in questione. Peraltro, le dichiarazioni di terzi non avrebbero avuto alcun rilievo nell’avvio del procedimento disciplinare, come espressamente rilevato nel provvedimento di archiviazione del procedimento disciplinare. L’Agenzia, inoltre, operando un corretto bilanciamento di interessi, ha ritenuto di non dover trasmettere le suddette dichiarazioni all’interessato non solo in ragione della loro irrilevanza, ma anche alla luce del conseguente interesse alla riservatezza del personale dipendente in questione, il quale è stato coinvolto su iniziativa del Direttore dell’Agenzia e non di propria autonoma iniziativa. Tale interesse è stato ritenuto prevalente, in quanto le dichiarazioni rese non avevano alcuna rilevanza disciplinare a carico del ricorrente.
La pronuncia del Tar
Con sentenza del 18 settembre 2023, il TAR Lazio ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore ritenendolo infondato.
Il Tribunale amministrativo, richiamata la giurisprudenza sul tema, “ha escluso che il ricorrente possa acquisire, mediante esercizio del diritto di accesso documentale, “informazioni” assunte ovvero circostanze apprese “per le vie brevi”.
Ed infatti,
l’accesso, ovvero l’ordine di esibizione, può riguardare solo i documenti già esistenti e non anche quelli non più esistenti o mai formati, spettando all’Amministrazione destinataria dell’accesso indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli atti inesistenti che non è in grado di esibire. L’accesso deve avere ad oggetto documentazione specifica in possesso dell’Amministrazione, non potendo riguardare dati ed informazioni che per essere forniti richiedono un’attività di indagine e di elaborazione da parte della stessa” (TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 29 novembre 2023, n. 17936; id., sez. III, 8 aprile 2022, n. 4182; id., sez III quater 4 agosto 2023, n. 13094).
Con riferimento alle dichiarazioni rilasciate dai dipendenti, in risposta alla richiesta di chiarimento avanzata dal Direttore, il TAR le ha ritenute irrilevanti ai fini del procedimento disciplinare in quanto: “le risposte a tali lettere non hanno aggiunto ulteriori elementi significativi a quanto riportato dalla citata Relazione”.Pertanto, tali apporti non hanno suggerito ulteriori profili di indagine o di valutazione rispetto a quelli contenuti nella relazione e di cui il ricorrente era a conoscenza.
Nel caso di specie, l’Amministrazione, operando un corretto bilanciamento di interessi, ha ritenuto di non dover trasmettere le suddette dichiarazioni all’ interessato non solo in ragione della loro irrilevanza, ma anche alla luce del conseguente interesse alla riservatezza del personale dipendente in questione, il quale è stato coinvolto su iniziativa del Direttore dell’Agenzia e non di propria autonoma iniziativa.
In ogni caso, la rivelazione dei nominativi di persone e delle informazioni da questi riferite, anche qualora – ma non sarebbe evidentemente questo il caso – fossero utilizzate ai fini disciplinari come unico elemento su cui si fonda la contestazione, sarebbe ammessa solo previo consenso delle stesse persone.
Secondo il Tar dunque
mentre non viene certamente in discussione il tema della necessaria preminenza dell’accesso motivato da esigenze di difesa, dato che appare pacifico che le esigenze ostensive devono in ogni caso prevalere sulle esigenze di riservatezza di terze persone, se funzionali alla difesa in giudizio delle ragioni dell’ istante, non è neppure dubbio che “la copertura dei dati sulle generalità dei dichiaranti risponde ad un esigenza meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (che coincide non soltanto con la salvaguardia in sé della riservatezza dei dichiaranti e con la sottrazione degli stessi ad ipotetiche azioni ritorsive …, quanto piuttosto con la esigenza di non scoraggiare l’acquisizione di informazioni testimoniali utili in vista del perseguimento del buon andamento amministrativo)” (Cons. St., sez. VI, 9.2.2011, n. 895), tanto più che nel caso di specie, da un lato, i soggetti interpellati sono stati sentiti su espressa e formale richiesta del loro superiore gerarchico e, dall’altro, le dichiarazioni rese non sono state utilizzate in quanto non autonomamente rilevanti.
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