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LAVORO E FELICITÀ: IL CHIEF HAPPINESS OFFICER E IL BENESSERE DEI DIPENDENTI

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  • On Maggio 2, 2022
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Si chiama “Manager della Felicità”, o Chief Happiness Officer, ed è una figura interna alle Risorse Umane cui spetta il compito di monitorare ed incrementare il benessere dei dipendenti. 

Si tratta di figure interne alle Risorse Umane istituite per carpire le esigenze dei lavoratori e risolvere laddove possibile le criticità, migliorando i rapporti umani e lavorativi, all’interno di una squadra o, semplicemente, di un gruppo di professionisti, dalla cui collaborazione e buon andamento delle relazioni dipende la buona riuscita di un progetto.

Il benessere in azienda

Un’azienda di lavoratori felici, infatti, è anche un’azienda produttiva, in grado di distinguersi rispetto alla concorrenza, attraendo e trattenendo i migliori talenti del settore. 

Il Manager della Felicità conosce i dipendenti non più solo per nome e cognome. Deve instaurare con i collaboratori un dialogo, per carpirne le esigenze e risolvere laddove possibile le criticità, migliorando i rapporti tra colleghi, la comunicazione con la dirigenza e aumentando, in generale, il livello di benessere aziendale. 

Come nasce il ruolo

“Nasce da una considerazione neuroscientifica, ossia che la felicità non è solo un’emozione, una condizione ‘che capita’ ma è a tutti gli effetti una competenza che si può allenare” –  spiega Cecilia Masserini, Hr Country Lead & Chief Hapiness Officer del gruppo farmaceutico Biogen Italia -. “Se una persona ha a disposizione gli strumenti giusti e le risorse, allora si può avvicinare a un livello di benessere sempre maggiore. E se la persona sta bene, ha un equilibrio e maggiore sarà anche la sua capacità produttiva e innovativa”.


Questa figura è nata negli Stati Uniti ed è impiegata soprattutto dalle grandi multinazionali come Google, Patagonia, Pixar e McDonald’s, ma è molto presente anche nel Nord Europa. Da noi si sta diffondendo adesso e si è già rivelato strategico: la ricerca del benessere aziendale è infatti diventata una priorità, soprattutto in questi tempi di post-pandemia.

Lesperienza di Biogen per incrementare la felicità aziendale

“Già da un paio di anni promuoviamo un servizio che permette ai dipendenti e alle loro famiglie di usufruire di un supporto psicologo, gratuito e assolutamente anonimo. Non è un benefit aziendale ‘classico’, ma uno strumento che cerca di far star bene il dipendente anche fuori dall’ambito lavorativo” – aggiunge Masserini-.

Inoltre per migliorare il benessere in azienda è necessario “attivare l’ascolto delle persone, perché ognuna di loro ha fonti diverse di stress e diversi livelli di gratificazione. Il segreto non è dare soluzioni ma restituire una cultura manageriale che generi energia positiva e permetta a tutti di trovare in autonomia gli strumenti che servono per vivere meglio la loro quotidianità in azienda. Tutti i nostri manager sono formati in questo senso e sanno trattare i propri dipendenti in un certo modo”.

Come si diventa Chief Officer Manager?

“Esiste un percorso di certificazione promosso dall’associazione To Be Happy e che sta riscuotendo tanto successo: vengono organizzate diverse edizioni all’anno e sono sempre piene, segno che l’interesse cresce in maniera significativa. Certo, però, poi dall’altra parte bisogna avere Amministratori Delegati lungimiranti e illuminati, che riescono a scorgervi un vantaggio che non è misurabile, soprattutto nell’immediato”. 

Come sono cambiati i bisogni dei dipendenti dopo questi anni di pandemia

“Le persone che lavorano da noi hanno sempre avuto una forte voglia di contribuire nel sociale, ma negli ultimi due anni questa voglia di mettere a disposizione le proprie risorse e la propria fortuna è diventata più forte. Noi da tanto tempo sosteniamo il volontariato aziendale, lasciando libere ore da destinare al volontariato che possono diventare anche giornate intere”. 

Come i dipendenti hanno accolto questo approccio

“La nostra è un’azienda che è sempre stata molto attenta alle persone. Quindi, non è stata percepita come una novità. Altrove, però, sicuramente c’è l’idea che si tratti di una materia troppo filosofica e poco pratica, e che servano necessariamente budget molto alti per praticarla. Certamente i budget alti aiutano, ma le cose che cambiano la qualità della vita a volte sono minime. Adesso, per esempio, stiamo riguardando le policy per il lavoro da casa: questa è un’esigenza concreta dei nostri dipendenti, e non costa una fortuna. Tutto quello che si deve fare è trovare un punto di incontro tra i bisogni dell’individuo e gli obiettivi dell’azienda”. 

Credit by: IPSOA Quotidiano

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